Perché le regole europee renderanno più complicata la prossima recessione
(Sandro Orlando) Il mondo dovrebbe iniziare a prepararsi alla prossima recessione, mentre è ancora in grado di farlo, suggerisce l’Economist nella sua inchiesta di copertina di questa settimana, perché i segnali che le economie avanzate stiano andando incontro a una nuova crisi ci sono tutti. È vero in America gli sgravi fiscali varati dall’amministrazione Trump hanno contribuito a spingere la crescita oltre il 4%, mentre la disoccupazione è ai minimi dal 1969. Eppure rispetto all’anno scorso in cui l’economia globale appariva in espansione, il quadro oggi è molto peggiorato: con i mercati emergenti già in difficoltà (Argentina, Turchia e Pakistan in testa), la zona euro in stagnazione e anche la Cina in rallentamento. Il problema, continua il settimanale, è che rispetto alla grande crisi del 2008 il mondo più industrializzato sembra meno pronto a fronteggiare anche una debole recessione, perché tutto l’arsenale di politiche a disposizione è andato esaurito in questo decennio. L’allentamento della politica monetaria ad esempio. Nell’ultimo mezzo secolo la Federal Reserve ha normalmente tagliato i tassi d’interesse di circa 5 punti percentuali per ogni recessione: oggi il suo spazio di manovra si è ridotto di oltre la metà, mentre la zona euro e il Giappone non hanno più margini di intervento. Certo ci sono altri strumenti, come il quantitative easing, l’acquisto di titoli da parte delle banche centrali con l’immissione di liquidità nel sistema; oppure l’aumento della spesa pubblica. Ma anche il protezionismo, a dispetto di quanto sostiene Trump, è un modo per sostenere l’economia, quando la domanda interna si fa debole. La zona euro potrebbe allentare le sue regole di bilancio per consentire ulteriori stimoli, conclude l’Economist, sposando (senza citarlo) la linea del governo italiano. E tuttavia proprio l’ascesa dei partiti populisti complica lo scenario, visto che nel 2008 si rese necessaria una cooperazione transnazionale senza precedenti per far fronte alla recessione: oggi trovare una soluzione insieme risulterebbe più difficile.
CREDIT ECONOMIST/ CORRIERE.
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