GIOCA CON ME , NON CON IL CELLULARE!

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(grafica Vanity Fair)

«Gioca con me, non con il telefono!»: la protesta del piccolo Emil che dà la scossa a tutti i genitori

«Gioca con me, non con il cellulare!». Era lo slogan della manifestazione convocata l’8 settembre da Emil Rustige. L’ha organizzata con l’aiuto del padre, che pure era il bersaglio della protesta. Perché Emil è un bambino di Amburgo di 7 anni e non ne poteva più di vedere il papà preferire la compagnia del telefono alla sua. Non è una bambinata isolata, ancorché meravigliosa. È la spia di una «controrivoluzione» clamorosa, segnala Quartz: fissati sul cliché dei nostri figli schiavi della tecnologia, i nostri figli cominciano ad avvisarci che gli schiavi siamo noi, e la dovremmo piantare. Un recente sondaggio americano, per esempio, dice che il 33 per cento dei 13-17enni vorrebbe che i genitori spegnessero il cellulare. Un altro, citato dal Guardian, ci informa che nel 2016 due ragazzi su tre, il 66 per cento, consideravano importante stare sui social, mentre ora sono il 57. Al contrario, tra gli over 45 la percentuale è salita dal 23 al 28. La pediatra americana Jenny Radesky si è inventata una parola, tecnoferenza: vuol dire interferenza degli strumenti tecnologici nelle interazioni sociali. Il neologismo le è venuto in mente dopo uno studio di due anni su 183 genitori con figli sotto i cinque anni: quanto più i grandi erano distratti dalla tecnologia, tanto più i piccoli risultavano iperattivi, frustrati e collerici. Succede questo: guardare di continuo il cellulare mentre si fa qualcosa con i figli — e dunque privarli del fondamentale segnale di attenzione che è il contatto visivo — impedisce di capire «il loro stato mentale e le loro intenzioni». La spirale è tremenda: i bambini trascurati diventano irrequieti, la loro irrequietezza porta i genitori a nascondersi ancora di più nel telefono, i bambini si agitano ulteriormente, subendo «stress fisici e ormonali». Il padre di Emil pare averlo capito, e la «dimostrazione» di Amburgo — c’erano 150 persone — ha attirato l’attenzione dei media tedeschi, dallo Spiegel alla Faz. Il papà stava in coda, la testa bassa. Ma stavolta non guardava il cellulare.

(Gianluca Mercuri CORSERA)
Quartz, Guardian, Spiegel, Faz

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