La chiamavano la “Filiera del 19esimo Arrondissement” di Parigi. Un’organizzazione che tra il 2003 e il 2005 ha incitato una dozzina di giovani, tutti francesi, tutti sotto i 25 anni e abitanti del quartiere, a partire per combattere in Iraq.
Un Imam li ha arruolati, addestrati e gli ha fornito i documenti falsi. Ma soprattutto, per fargli capire a cosa sarebbero andati incontro, li ha costretti ad ascoltare i racconti degli jihadisti tornati a casa, invalidi o feriti, e le storie di quelli che volevano andare ma hanno rinunciato.
Su sette reclute iniziali, solo 4 sono entrati in quella che sembra una rete eterogenea di amicizie collegata ai movimenti più radicali. Tra questi 4 c’era Cherif Kouachi, uno dei due fratelli sospettati oggi di essere gli autori della strage al Charlie Hebdo. Nel 2003 Kouachi era sempre vestito con abiti sportivi e scarpe da basket ai piedi (come quella recuperata a terra prima della fuga in auto ieri dopo la strage). Il gruppo dei 4 si conosceva dai tempi del college. Appena adolescenti, commettevano i loro furti sui marciapiedi del 19 ° Arrondissement . Droga, microcriminalità, la polizia li teneva d’occhio, vengono arrestati e rilasciati più volte. La rivelazione della Jihad arriva frequentando la Moschea di Adda’wam nel quartiere Stalingrad. Cappelli lunghi, corporatura atletica, mascella quadrata, Kouachi qualche anno dopo parlando di quegli anni, dirà: “Prima ero un delinquente ma quando mi hanno preso ho capito che avrei potuto anche morire”. Morire per rubare no, ma per la Jihad è un’altra cosa. I 4 amici, nel 2003-2004 seguono corsi di religione nel quartiere per approfondire la conoscenza dell’Islam. Del cambiamento si accorgono subito i familiari: i ragazzi smettono di bere, di fumare e di drogarsi. Guardano ossessivamente video propagandistici e navigano solo su siti di radicali islamici. In meno di un anno la decisione è presa: partiranno per combattere la Jiadh. Non hanno alcuna formazione militare ma la via è tracciata.
“Più il giorno della partenza si avvicinava, più avrei voluto fare marcia indietro”- racconterà Cherif Kouachi al presidente del tribunale che lo processa per associazione malavitosa e sospetta preparazione di attentati terroristici, mettendo fine ai suoi sogni di combattere la Jiadh fuori dalla Francia. Lo avevano fermato nel gennaio 2005 poco prima della sua partenza per la Siria insieme ad un altro del gruppo dei 4. Gli altri due partono. Uno non è mai tornato. l’altro lo ha fatto, senza un braccio e un occhio. Ora Cherif Kouachi, il mancato guerrigliero, armato di kalashnikov e con le scarpe da basket ai piedi, ha scaricato il suo odio – e la sua follia di agire per vendicare Allah- contro giornalisti inermi armati solo di matite, cultura e ironia.
(credit Le Monde)
Domitilla, grazie per lo spunto di riflessione; che tristezza, in nome di Dio….le atrocità; l’appartenenza religiosa non si misuri in questo modo ma – credo- sull’amore operoso. Comunque per non correre il rischio di essere banale, mi taccio ! tuttavia desidero condividere una breve parabola scritta da un mistico e poeta musulmano Mansur Al Hallaj,- ritengo significativa:
” Un uomo bussò alla porta del Paradiso ” chi sei ?” gli fu chiesto dall’interno ” sono un ebreo” rispose. La porta rimase chiusa. Bussò ancora e disse ” sono un cristiano”. Ma la porta rimase ancora chiusa. L’uomo bussò per la terza volta e gli fu chiesto ancora ” Chi sei ?”. Sono un musulmano “, ma la porta non si aprì. Bussò ancora. ” Chi sei?”,gli chiesero, ” sono un’anima pura” rispose. E la porta si spalancò.
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