Si chiama Sheryl Sandberg, ha 44 anni, è la numero due di Facebook ed è tra le 5 donne più potenti del mondo.
Un brutto articolo-intervista di Enrico Deaglio su la Repubblica di oggi si chiede se Sheryl sia “l’autrice del manifesto femminista del Ventunesimo secolo o l’ultima arrivata donna in carriera che straparla dall’alto di un paio di scarpe di Prada”. Deaglio chiude così: “la signora (…) è indicata alternativamente come la nuova Betty Friednan (teorica del femminismo negli anni ’60) o come una Paris Hilton che gioca sulla pelle delle donne per la sua personale carriera”.
Bè, Sheryl Sandberg non è nessuna delle due. Basta capire il Sandberg pensiero. Eccolo: ci sono solo 17 capi di stato con cromosoma x, le donne occupano globalmente il 20% dei seggi parlamentari , solo il 4% delle 500 maggiori aziende al mondo è guidata da una donna, siedono nel 17% dei consigli di amministrazione. Nell’ascesa dal college alle stanze del potere, le donne si perdono. La domanda è cosa, o chi, le fa deviare strada. Il turn-over ai vertici dominati dai maschi è lento: si va in pensione sempre più tardi. Inoltre gli uomini hanno dato il benvenuto all’universo femminile nel mondo del lavoro, ma la casa e l’ accudimento dei figli restano per lo più sulle spalle delle donne. Ma per Sandberg la barriera più grande da abbattere si nasconde nella mente della donna stessa. Rispetto agli uomini è meno ambiziosa, forse abituata sin dalla nascita ad avere meno aspettative. C’è un gap di ambizione ed è questo che compromette l’abilità di avanzare nella carriera, un’idea molto lontana da quelle delle femministe.
Tanto che le tesi di Lady Facebook hanno suscitato l’ira di molte altre donne che criticano il consiglio di diventare più simili agli uomini per avere successo. Non hanno capito. La Sandberg non si è mascolinizzata è restata molto femmina e non perchè “straparla dall’alto di un paio di scarpe Prada”. Ha studiato, ha lavorato duro, ha accettato sfide impegnative, ha messo su famiglia con figli. Di lei dicono abbia un quoziente emotivo altissimo. Sorride spesso, è aperta al confronto, sa cos’è l’empatia, ha il dono di riuscire sempre a dare la sensazione a chi lavora con lei che il suo contributo sia significativo, aiuta le donne meritevoli, invece di umiliarle come fanno le manager mascolinizzate. Howard Schultz, il Boss della catena di caffè Starbucks, l’ha descritta così al New York Times: “Di solito le persone straqualificate ti raccontano tutto quello che hanno fatto e quanto sono bravi. Sheryl preferisce dirti quanta strada c’è ancora da fare fino alla prossima idea rivoluzionaria“. Ecco, Sheryl è una donna rivoluzionaria che sprona le donne a restare donne ma ad essere più coraggiose. Tutto qui.
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